“Ho cominciato a fare l’imprenditore quando nel ’99 mi licenziarono come dipendente. La mia più grande soddisfazione è avere contribuito a creare oltre 500 posti di lavoro con le aziende che ho fondato con altri soci in Italia e all’estero. Adesso che ho capito come si fa, ricomincio”.
Così Alberto Baban racconta la sua passione per l’impresa. Baban, classe 1966, è Presidente PMI Confindustria e Vice Presidente Confindustria. È presidente di Tapì SpA e di VeNetWork SpA. È membro dell’Innovation Board dell’Università Ca’ Foscari di Venezia e del Comitato Scientifico Trieste Next. Ama definirsi Imprenditore seriale. Veneto e orgogliosamente Italiano. Innovatore e Innovatore.
D. Chi è un innovatore per te? Perché?
R. Ci si potrebbe scrivere un libro. L’innovatore è colui che riesce a intuire i cambiamenti prima degli altri. A volte riesce addirittura a imporli, a volte semplicemente li anticipa. Non è un inventore né un ricercatore né uno scienziato. È l’antitesi dell’omologazione e non pone limiti all’evoluzione delle cose e dei pensieri. È una persona che riesce a far convivere creatività e curiosità con la razionalità. Sul perché si è o si diventa innovatori penso sia una questione molto personale e quasi sempre si è condizionati dall’ambiente in cui si vive o da situazioni di contesto. Un imprenditore di successo è quasi sempre un innovatore.
D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
R. Tutti dicono l’auto a guida autonoma ma io credo a qualcosa di più grande. L’uomo. Per meglio dire la ricerca delle condizioni migliorative della vita umana. Influirà pesantemente sull’uso della tecnologia in medicina e ci sarà una ricerca ossessiva sul significato di benessere e sulla sua soddisfazione. La novità del nuovo millennio è stata senza dubbio internet, che tra le tante cose ha creato un gigantesco paradosso. Ha reso virtuale il significato di una parola che indica l’essenza dell’umanità e quindi del mondo reale. “Social”. Le persone hanno scoperto che la socialità e la condivisione sono la linfa dell’esistenza umana e con l’uso delle tecnologie l’hanno resa virtuale. Paradossale. Ci sarà un’inversione di tendenza. I nuovi consumi, i prodotti, le imprese e le innovazioni di successo saranno più attente al sociale e alla socialità così come all’ambiente e alle condizioni di vita. E poi l’energia. Ci saranno sorprese che determineranno il declino dell’utilizzo di combustibili fossili e con loro di molte economie basate esclusivamente sul loro sfruttamento. Questo comporterà degli sconvolgimenti geopolitici e geoeconomici e qualche assaggio lo abbiamo già avuto, ma questo tema meriterebbe un serio approfondimento. Comunque, se volete sapere come sarà il futuro, chiedetelo ad un sociologo ed evitate gli economisti che sono diventati i nuovi archeologi.
D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
R. Principalmente l’attenzione smodata per lo sviluppo del proprio team. Il leader è una persona carismatica che sa condividere il pensiero vincente contornandosi di persone capaci e costruendo un sistema meritocratico che sia inclusivo e che offra la possibilità a tutti i collaboratori di formarsi e crescere all’interno della propria organizzazione. Il leader di successo riesce a elaborare un concetto di appartenenza nel quale tutti si ritrovano. Il leader non è auto celebrativo e investe molto tempo nella ricerca dei migliori collaboratori così come nello scovare idee che possa attuare con il suo team.
D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
R. Non credo nei supereroi ma sono convinto che i sani principi siano l’insegnamento migliore che si possa dare ad una persona. Mio Padre era un uomo retto che mi ha insegnato l’onestà e la semplicità. Il resto l’ho imparato dalle situazioni di tutti i giorni. Ho avuto la fortuna di conoscere molte persone a tutti i livelli ma sono stato affascinato solo da quelli che appartenevano a due categorie. Le donne e gli uomini che coltivano una grande passione, qualsiasi essa sia, e viaggiatori colti che rispetto ai professori non solo hanno investito nel sapere ma conoscono la tolleranza e il rispetto della diversità culturale.
D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?
R. La paura? Il tempo. Chi fa tante cose vive nella continua frustrazione di non poterne fare di più. La speranza? I giovani e la loro rivoluzione dolce. Devono superare la condizione di conflitto per ottenere una conquista e diventare cittadini del mondo utilizzando l’evoluzione tecnologica come strumento di condivisione e non di separazione.
D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro.
R. Essere imprenditore di prima generazione sicuramente ti rende tutto più complicato per emergere ma allo stesso tempo non ti responsabilizza sul consegnare alle prossime generazioni l’eredità acquisita e non ti pone di fronte alla necessità di misurarti con chi ti ha preceduto. Voglio fare impresa, tante imprese, in Italia. Voglio coinvolgere dei giovani ed averli come soci in nuove aziende. Voglio creare un sistema complesso ma non complicato che il singolo, per opportunità o necessità, non riesca a smontare. Ci sto provando con Venetwork s.p.a. Tra qualche anno vi dirò se ci sono riuscito, di certo ci provo.
D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare .
R. Vivo di emozioni e sono il mio pane quotidiano. Fare sempre la stessa cosa mi annoia tremendamente e quindi sono sempre alla ricerca di qualcosa nuovo. Forse viaggiare è la cosa che mi appassiona di più ma continuo a stupirmi anche di fronte ad un tornio che lavora il ferro. Mi arrabbio quando la gente critica ma non si rimbocca le maniche per tentare di migliorare le cose. Rinunciare è la scelta più comoda ma costruisce solo rancori e rimpianti. È arrivato il tempo di reagire, lo dobbiamo ai nostri figli perché nessuno possa dire che la loro prospettiva sia peggiore di quella dei loro genitori.
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