Tutti i giorni “si inventa un mestiere”, da quando ha lasciato quello di sempre, il diplomatico versato in diplomazia multilaterale: ambasciatore nonché docente universitario. Cosimo Risi, a 65 anni, fa il consigliere agli affari europei per il Governo italiano come il docente e il consulente delle Camere di Commercio, il saggista, l’articolista. Tutto ruota attorno alla sua inclinazione principale: le relazioni internazionali. E’ una disciplina, dice lui, “che sta conoscendo notevole diffusione persino in Italia, e questo perché il mondo si riversa a casa nostra, soprattutto con le sue tragedie. Quanto accade in Medio Oriente ci riguarda, quanto accade nel Golfo della Sirte ci riguarda, quanto accade nel Mare della Cina ci riguarda”. La globalizzazione, insomma, non significa solo adoperare gli stessi tablet ovunque, ma anche condividere la stessa agenda politica.
D. Chi è un innovatore, secondo te?
R. Un innovatore è un giovane compositore ottantenne di nome Paolo Conte, che inventa giochi verbali astrusi e bellissimi. Che viaggia nello spazio e nel tempo senza avere mai lasciato idealmente la provincia di origine. E’ il “glocal” per eccellenza. I piedi nel suolo natio e la testa altrove.
D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
R. E’ un’innovazione antica e moderna insieme, del tutto immateriale: l’ars diplomatica. Che significa applicare ai conflitti che ci assediano da ogni parte la capacità di capire le ragioni degli interlocutori, anche i più distanti dal nostro modo di vedere. O applichiamo la diplomazia su larga scala o affrontiamo seriamente il rischio di una deflagrazione generale. Del resto, per dirla con Yitzhak Rabin che di guerra s’intendeva, la pace la si fa col nemico.
D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
R. La parola leader mi convince poco e non solo per l’abuso dell’inglese. Allora perché non adoperare il latino Dux? Il responsabile di un’organizzazione deve sentire anzitutto la responsabilità di guidare un gruppo di essere umani pensanti e senzienti. Farli sentire parte di una comunità dagli obiettivi condivisi: ecco il suo compito primario. E’ quanto raccontò Marcello Lippi dopo i Mondiali di Germania: tutti credettero alla vittoria e la vittoria venne.
D. Una persona che lasciato il segno nella tua vita.
R. Troppo facile citare un familiare o un congiunto. Direi uno scrittore, un regista, un musicista, secondo le fasi della vita. Se poi è un medico, allora vuol dire che hai un problema.
D. La più grande paura, la più grande speranza.
R. La più grande paura è che non ce la facciamo a venire fuori dai problemi, la più grande speranza è che ce la facciamo.
D. Il tuo progetto di lavoro attuale e futuro.
R. Scrivere qualcosa di immaginifico dopo tanto scrivere serio se non serioso. Lasciare libere le briglie dell’immaginazione. Ma è più difficile di quanto si pensi. Come fa Camilleri a produrre un libro con Montalbano all’anno e vendere pile di libri?
D. La cosa che ti fa più emozionare e la cosa che ti fa più arrabbiare.
R. Dipende dai momenti. In questa fase mi ha emozionato rivedere un filmato di Pino Daniele. Al Plebiscito, appena attacca I Say Io Sto Ccà, il pubblico completa il pezzo al posto suo. Ragazzi e ragazze che neppure erano nati nel 1980, quando Pino compose la canzone. Mi fanno arrabbiare le semplificazioni dei politici e dei pensatori da social media, alla ricerca del complotto e di risposte facili a domande complesse. Consiglierei di leggere, o rileggere, John Le Carré e i suoi romanzi sulla “disinformazia”, che ora si chiama banalmente post – verità.
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