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Luigi Amodio: innova chi ha il buon senso di capire che si vive una volta sola

“But we cannot cling to the old dreams anymore / No, we cannot cling to those dreams”, The Smiths, 1984

Se durante gli anni del liceo e dell’università gli aveste detto che il suo futuro lavorativo sarebbe stato immerso nella scienza, vi avrebbe guardato come dei matti… e invece Luigi Amodio, nato a Napoli nel 1962, è da anni il direttore del primo museo scientifico interattivo in Italia, il Science Centre di Città della Scienza. Allievo di Alberto Abruzzese, Giovanni Bechelloni e Amato Lamberti, Luigi Amodio ha studiato, e vissuto, le trasformazioni della cultura di massa in Italia (l’affermazione della TV negli ’80 e poi di Internet) e ha provato a portare nella comunicazione scientifica molto della sua cultura sociologica, con risultati interessanti. Oggi, oltre a insegnare in master in varie università italiane tra cui Roma 3 e Bicocca, è membro eletto del Kuratorium del Deutsches Museum di Monaco, uno dei più importanti musei scientifici al mondo e fa parte del coordinamento campano dell’ICOM, il consiglio mondiale dei musei.

D. Chi è un innovatore per te? Perché?

R. Innovatore è chiunque non si fa fermare dal buon senso comune, proprio perché è dotato di molto buon senso. Esistono tanti settori in cui essere innovativi: ovviamente nella ricerca, nell’impresa, nella cultura… ma anche nella vita privata, aprendo piste e comportamenti che per molti sarebbero impensabili. E poiché si vive una volta sola, chi osa innovare dimostra di averlo capito e quindi di avere buon senso, di essere particolarmente ragionevole.

D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?

R. Domanda difficile. Data la mia formazione marxista ritengo che – nel bene o nel male, dipende da noi – l’impatto della robotica e dell’intelligenza artificiale sul lavoro vivo sarà il fattore determinante del nostro futuro. Ripeto, se nel bene o nel male, dipende da noi.  

D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?

R. Guardare oltre il quotidiano e sapersi proiettare da qui a 10 o 20 anni, possibilmente dando l’esempio anche sul piano etico ai propri collaboratori.  

D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?

R. Sono varie e per motivi diversi… per fortuna. Non posso citarle tutte.

D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?

R. La paura più grande, al momento, è che la miopia del neoliberismo dominante apra la strada a nuovi venti autoritari, in una tragica ripetizione della storia. La più grande speranza è che le donne e gli uomini di progresso sappiano superare la sconfitta storica che hanno subito negli anni ’80 e ricostruire una visione e un progetto di società. Nel mio piccolo provo a lavorare in questo senso.

D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro.

R. La ricostruzione del museo di Città della Scienza distrutto dal rogo doloso del 2013 e la sua gestione. È un progetto che mi occuperà per i prossimi 5/6 anni. Nel frattempo tante altre piccole cose. Dopo non so. 

D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare.

R. Spesso l’arte. Sempre lo spreco di energie intellettuali appresso alla banalità del giorno.

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