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Manuel Alfonso: l’innovatore moderno è un divulgatore

Manuel Alfonso, Prisma Impianti.

“Per aspera ad astra” è una massima latina che ben sintetizza come Manuel Alfonso sia sempre alla ricerca della novità, del miglioramento continuo superando le inevitabili avversità.
Alfonso (Genova, 1984) è laureato in Economia Aziendale e dal 2011 amministratore di Prisma Impianti S.p.A., azienda di famiglia specializzata in automazione e controllo per l’industria di processo, la manifattura e la logistica. Dopo aver lavorato come Responsabile Qualità, Ambiente e Sicurezza, nel 2010 frequenta un master in Imprenditorialità e Strategia d’Impresa alla SDA Bocconi, cui segue un periodo di stage in un’azienda lecchese. Dal 2013 al 2016 ricopre la carica di Presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Alessandria, impegnandosi a rafforzare i rapporti tra scuole e imprese del territorio. Dal 2013 fa anche parte di Reseau Entreprendre Piemonte, associazione senza scopo di lucro che si propone di accompagnare neo-imprenditori nella creazione di nuove imprese.

D. Chi è un innovatore per te? Perché?
R.  Innovatore è chi sviluppa una nuova idea ricombinando in maniera creativa l’esistente. Pongo l’accento sul re-immaginare piuttosto che sulla novità assoluta, in quanto mi sembra un atto più facilmente associabile al singolo individuo. Per me, la caratteristica dell’innovatore è dunque quella di riuscire a “filtrare” la conoscenza umana, ormai così evoluta e variegata, “traducendola” in applicazioni di più immediato utilizzo. Questo innovatore-divulgatore gioca un compito fondamentale nello stimolare una società in cui, come preconizzato da Arthur C. Clarke, la tecnologia diventa indistinguibile dalla magia. Nonostante sistemi educativi strutturati e strumenti come internet, siamo ancora ben distanti dal comprendere ciò che ci circonda: la responsabilità sociale dell’innovatore potrebbe stare proprio nel risvegliare la sete di conoscenza nelle persone. 

D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
R. Viviamo un periodo confuso, in cui il positivismo convive con una risibile pseudo-scienza ed un ritorno della superstizione. E’ difficile capire quali innovazioni saranno all’altezza delle aspettative; anche per deformazione professionale credo tuttavia che l’Intelligenza Artificiale arriverà finalmente ad un punto di svolta nei prossimi anni, dopo tante promesse (e timori).
I progressi in scienza dei materiali, potenza computazionale e analitica di grandi mole di dati disponibili in rete, combinati assieme, permettono ormai lo sviluppo di robot sempre più complessi. Le I.A. che li equipaggiano saranno sempre più raffinate ma specializzate su compiti precisi, piuttosto che tentare di riprodurre il funzionamento del cervello umano, da cui siamo ancora estremamente distanti. Questi limiti non impediranno però di modificare le nostre vite ed il mondo del lavoro: pensiamo a veicoli autonomi, chirurgia robotica, processi decisionali automatizzati e molto altro. Se le indicazioni che ci vengono dalle precedenti applicazioni di automazione industriale varranno ancora, lo scenario più probabile rimane quello dell’affiancamento anziché della completa sostituzione dell’uomo. La nostra auto sarà autonoma nel 90% delle condizioni, ma saremo ancora chiamati a prenderne il controllo in situazioni particolari.. o semplicemente perché così desideriamo. Gli impianti industriali non saranno popolati di soli robot: saranno gli umani a prendere le decisioni importanti, supportati da algoritmi ad hoc, i cui report dovranno essere interpretati. La vera sfida è quella di formare l’attuale generazione di studenti per prepararla al mondo del lavoro del futuro e non farla stritolare nella “gig economy”: facile a dirsi, molto meno a farsi. Pur annoverandomi tra gli ottimisti, appare evidente anche a me quanto pesanti potrebbero essere le ripercussioni sociali nei Paesi non sufficientemente attrezzati per il futuro. Le stesse innovazioni di cui sopra hanno declinazioni assai poco rassicuranti, come le armi letali autonome (LAWs) che la sempre meno rilevante ONU cercherà di regolare nel corso del 2017. Per il futuro non mi faccio dunque molte illusioni: il progresso sarà affascinante, ma molti saranno gli errori che compiremo nel XXI secolo.

D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
R. Visione, carisma e senso della responsabilità sono a mio avviso i tre ingredienti necessari al leader di un’organizzazione. La letteratura ed il pensiero mainstream tendono ad esaltare i primi due, ossia la capacità di alcuni individui di immaginare il futuro e trasmettere questa visione agli altri in maniera così vivida da chiamare all’azione anche i più insospettabili; io preferisco sottolineare il terzo, in quanto pochi leader mostrano correttezza e capacità di rispondere delle proprie azioni. La grande illusione dei nostri tempi potrebbe proprio essere il potere salvifico della leadership, simulacro delle certezze di cui necessitiamo non solo sul lavoro. La crescita di un’azienda, di un partito politico o di qualsiasi altra organizzazione potrà sì essere spettacolare nelle mani di un “leader”, ma sarà anche di breve durata senza un grande lavoro di gruppo sottostante. 
 
D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
R. Diffido dal considerare eroi personali individui che per qualche motivo ammiro: non conoscendoli davvero, il timore di essere delusi è alto. La risposta più facile alla domanda è dunque mio padre, la mia famiglia. Considerando che gestisco un’azienda famigliare, la scelta appare piuttosto scontata, sebbene non sia mai stato direttamente influenzato verso un preciso percorso di vita.
La storia della mia famiglia, in prevalenza contadina, è costellata di emigrazione, povertà, delusioni, ma anche rivalsa e benessere, senza mai mettere in dubbio valori quali la libertà personale, il rispetto per gli altri, l’importanza della cultura. Questo è ciò che mi ha ispirato davvero, per valore e vicinanza.

D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?
R. A livello personale, la mia più grande paura è senz’altro quella di accontentarmi dello status quo, vivendo una vita tranquilla senza lasciare alcun segno della mia esistenza. Da ateo e antidogmatico non posso trovare consolazione in un aldilà, dunque la mia speranza è lasciare una traccia tangibile o quantomeno un buon ricordo. 
A livello generale, mi turba la sensazione, comune nei paesi le cui classi medie sono in forte difficoltà, di essersi lasciati alle spalle i nostri periodi migliori e che l’imperativo sia arroccarsi e gestire il declino. Pur nutrendo poca fiducia negli istinti umani, sono però convinto che siamo sempre stati in grado di superare le epoche buie ed aggiungere ogni volta qualcosa allo sviluppo dell’umanità. 

D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro.
R. Ad oggi in Prisma Impianti siamo impegnati a sviluppare applicazioni per la cybersecurity nelle reti industriali e sistemi per l’ottimizzazione dell’intero ciclo produttivo, in un’ottica più vicina al prodotto anziché a quella, per noi più usuale, del servizio su commessa. Stiamo studiando queste proposte in collaborazione con Università e centri di ricerca Italiani, per facilitare ai nostri clienti la transizione verso l’Industria 4.0. Nei mesi passati sono spesso stato a contatto con professori, ricercatori e studenti, ricavandone un’ottima impressione a livello di competenze ed entusiasmo. E’ stato confortante vedere come, dietro l’onnipresente burocrazia, il Paese abbia ancora un buon bacino di talenti, troppo spesso sviliti da un ambiente anti-meritocratico che non concede pari opportunità a tutti.
Abbiamo molti altri progetti per il futuro, anche connessi al fatto che stiamo iniziando a servire mercati come quello Automotive&Aerospace, ma preferisco non scendere molto nel dettaglio visto che possono ancora subire molti cambiamenti in corsa. 

D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare
R. E’ per me fonte di grande emozione essere spettatore e partecipe, seppure su minuscola scala, della storia umana. Nonostante tutti i nostri difetti, abbiamo compiuto e continueremo a compiere grandi passi in avanti nella conoscenza del mondo e dell’universo. Spetta ai veri innovatori il compito di rendere fruibile questa conoscenza, e a tutti noi il compito di farla nostra, per continuare ad evolverci nelle giuste direzioni.  
Ciò considerando, la mia massima frustrazione non è altro che lo spreco di risorse e talenti che ogni giorno si perpetua nel mondo, la nociva tentazione di rimanere ancorati allo status quo per paura dell’avvenire. Come scrisse Camus: l’avvenire è l’unica trascendenza degli uomini senza Dio.

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