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Francesca Landi: l’innovazione deve essere originale e attuabile

Francesca Landi

“Soltanto una cosa rende impossibile un sogno: la paura di fallire” (P. Coelho).
Da poco responsabile della comunicazione dell’organizzazione SOS Villaggi dei Bambini, ha vinto l’edizione 2017 di uno dei premi giornalistici più rilevanti a livello nazionale e internazionale, il Premio Ischia per la Comunicazione Sociale. Francesca Landi, sognatrice per professione, attraverso il linguaggio e l’ispirazione deve comunicare un ideale, a fermarla non è certo la paura di fallire. La paura la considera, invece, una buona alleata.
E’ già nota nel mondo della comunicazione per il lavoro svolto nell’innovazione della comunicazione sociale. Vanta un bagaglio di importanti esperienze in prestigiose organizzazioni internazionali. La sua attività nel settore inizia all’American Jewish Joint Distribution Committee, associazione che dal 1914 aiuta i profughi ebrei nel loro viaggio tra Israele, Stati Uniti e Canada, e prosegue all’UNHCR, dove si occupa in particolare della comunicazione del Cir, il Consiglio italiano per i rifugiati. Dopo dieci anni al fianco dei Rifugiati, nel 2012 approda ad ActionAid come Responsabile delle relazioni esterne e media.

D. Chi è un innovatore per te? Perché?
Le definizioni possono essere vincolanti se rischiano di costituire un limite, però innovare significa produrre soluzioni originali e attuabili, pensare all’innovazione come illuminazione è fuorviante. Un innovatore è capace di uscire dalla tradizione e dagli schemi e basare sulle proprie competenze, sull’impegno personale e, soprattutto, sull’entusiasmo la ricerca di soluzioni innovative.

D. Qual è l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni?
R. Non so quale sarà l’innovazione che cambierà il mondo nei prossimi anni, la comunicazione, per esempio, avrà sempre più bisogno di cercare soluzioni nuove e strade mai battute. Credo molto, a questo fine, nel valore della contaminazione tra profit e no profit, le aziende oggi hanno bisogno di creare empatia con il prodotto e creare il valore del brand. Sviluppare un’empatia è il modo migliore per conquistare la fiducia e per fare questo bisogna avere un valore aggiunto da inserire nella narrazione prevalente del brand, i due mondi si dovranno parlare di più a questo fine e ci sarà bisogno di investire in professionalità che sappiano tradurre questa narrazione in storydoing. Sì, perché lo storytelling è superato.

D. Qual è il ruolo di un leader in un’organizzazione?
R. Direi che “Fare squadra” dovrebbe essere il primo pensiero di ogni leader, guidando gli altri senza far uso dall’autorità data dalla gerarchia. Ovviamente le squadre di lavoro si costruiscono nel tempo, essendo espressione di individualità diverse, devono costruirsi intorno alla figura del leader. Il ruolo di leader in un’organizzazione è quello di guida, capace spazio al potenziale umano e all’entusiasmo del singolo di incoraggiare il senso di appartenenza, di sostenere il raggiungimento degli obiettivi e l’emersione di idee nuove e fantasie. E’ come un “primus inter pares”, ma quando ritiene che la velocità venga prima del consenso, è in grado di prendere decisioni autonomamente.

D. Una persona che ha lasciato il segno nella tua vita?
R. Con il sincero entusiasmo con cui ho spesso guidato squadre con dedizione, pazienza e anche umiltà, ho avuto l’opportunità di apprendere molto. Il mio primo debito è nei confronti dei collaboratori, sono loro che hanno lasciato un segno costituendo una fonte di riflessione e di stimolo per me. Professionalmente devo molto a un giornalista del Corriere della Sera, mi ha insegnato la responsabilità di questo lavoro, a guardare con l’occhio del giornalista, facendomi comprendere cosa sia e dove si trovi la notizia, e come a volte bisogna approfondire e indagare per farla emergere.

D. La tua più grande paura/la tua più grande speranza?
R. La mia più grande paura è la percezione dell’indifferenza. Ho visto troppo dolore e sofferenza nel mondo e speravo che la comunicazione potesse agevolare un percorso volto ad una seria presa di coscienza. Così non è stato, vicino o lontano continuiamo ad assistere ai drammi di persone in fuga da paesi africani ed asiatici. Nonostante l’attenzione dei media la comunità internazionale rimane in silenzio davanti alla Siria e siamo su una polveriera pronta a esplodere, dopo lo scontro tra Russia e Stati Uniti. Il problema è complesso, difficile da risolvere, ed ha tanti risvolti, ma ognuna di queste persone, tra cui moltissimi bambini, non ha una alternativa. La mia più grande speranza sono invece i tanti giovani, cresciuti e abituati alla conoscenza dell’altro con la voglia di scoprire nuove realtà. Sono i giovani che ho incontrato all’estero che hanno frequentato l’Erasmus o praticano esperienze di Servizio Civile Internazionale e si impegnano a esercitare quotidianamente la conoscenza e l’accoglienza dell’altro. Li ho visti curiosi, immergersi completamente in realtà di vita diverse, mettendosi alla prova senza pregiudizi.

D. Il tuo progetto di lavoro attuale e quello futuro
R. Ho davanti una nuova sfida professionale con SOS Villaggi dei Bambini e adesso sono concentrata a raggiungere gli obiettivi che mi sono stati assegnati mettendoci passione, dedizione e un po’ di testardaggine. Al momento il mio futuro è costruire a partire dal presente. Continuo anche il mio impegno a favore dei diritti delle donne, promuovendo una piena attuazione delle pari opportunità, ma questo ha a che fare con un mio personale dovere civico.

D. La cosa che più ti fa emozionare e quella che ti fa più arrabbiare
R. Mi toccano e mi emozionano le cause che abbraccio dal punto di vista professionale. Oggi mi fanno emozionare i bambini, quelli che sto incontrando nei Villaggi di SOS Italia, per la dolcezza che trasmettono, anche solo con uno sguardo, che vale più di tante testimonianze. Ciò che mi fa arrabbiare di più in assoluto, e che con questo lavoro mi è capitato più volte di sperimentare, è l’incapacità di alcune persone che, pur avendo la possibilità di essere risolutive e determinanti e di farsi carico dei destini degli altri, non sono capaci di empatia e restano indifferenti.

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