Tutela della proprietà intellettuale: Italia solo al 50° posto
di Enza Moscaritolo
E’ stato presentato a Johannesburg l’International Property Rights Index 2018 (Indice internazionale sulla tutela dei diritti della proprietà intellettuale). Secondo questa classifica (Ipri), che misura come viene tutelata la proprietà in oltre 125 paesi rappresentanti il 98% del Prodotto interno lordo mondiale ed il 93% della popolazione, realizzata dalla Property Rights Alliance, l’Italia si posiziona al 50° posto.
Un risultato non certo lusinghiero, se si pensa che seguiamo il Botswana e precediamo la Jamaica, restando ben distanziati dalle prime quindici posizioni occupate da Finlandia (che guadagna la vetta rispetto al 2017), Nuova Zelanda, Svizzera, Norvegia, Singapore, Svezia, Australia, Olanda, Lussemburgo, Canada, Giappone, Danimarca, Regno Unito, Stati Uniti, Austria, Germania (queste ultime cinque stabili rispetto all’anno passato).
In coda, si trovano Nicaragua, Mauritania, Algeria, Yemen, Haiti. La tutela della proprietà intellettuale, in realtà, si rivela strategica per favorire progresso e innovazione, come si legge nello stesso report: «Il nuovo modo di produrre ricchezza, per favorire il progresso delle nazioni e la prosperità delle loro società, si affida sempre meno alle risorse naturali e più al conseguimento dell’istruzione e al capacità degli ambienti scientifici e tecnologici di inventare e innovare».
Per misurare il grado di protezione dei diritti di proprietà vengono monitorati elementi quali il sistema politico e giuridico (ovvero indipendenza della magistratura, stabilità politica e controllo della corruzione) Lp, i diritti di proprietà fisica, Ppr, e i diritti di proprietà intellettuale, Ipr. L’Italia ottiene un punteggio di 5.9, mentre, ad esempio, la Finlandia è a quota 8.6.
«I diritti di proprietà – dichiara Roberto Race, segretario generale di Competere.eu, think tank italiano indipendente che fa parte della Property Rights Alliance – sono un indicatore chiave del successo economico e della stabilità politica e una componente fondamentale dell’innovazione. Non è un caso, infatti, che ai primi posti di questo indice si trovino da anni i paesi che innovano di più, come quelli Scandinavi, gli Stati Uniti, Singapore e la Svizzera. Non ha senso parlare di attrazione degli investimenti esteri e della competitività del nostro tessuto industriale senza tener conto della tutela della proprietà intellettuale. Le nostre Pmi, poi, sono spesso impreparate rispetto alle sfide legate alla proprietà intellettuale poste dalla competizione nei mercati internazionali. È fondamentale che il Governo e il Parlamento ne prendano atto, e al di là dei partiti, sostengano le nostre aziende con misure a supporto della difesa della proprietà intellettuale».
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